Quest'opera nasce da una riflessione sulla costruzione dell’identità e su come essa venga percepita, tracciata, controllata, ma anche dissolta nel rapporto tra individuo e collettività. A partire dalla storia del ritratto, dalla sua origine come atto di “tirare fuori” l’essenza di un individuo, fino alla sua deriva massificata nella fotografia seriale, il progetto interroga il volto come spazio simbolico, come luogo fragile e mutevole in cui si iscrive il senso dell’identità. Se prima il ritratto conteneva l’anima, oggi spesso non contiene che un codice. Le immagini che ho raccolto non sono ritratti in senso classico. Sono badge identificativi di alcune cassiere. Frammenti di volti sbiaditi, irriconoscibili, consumati dall’uso, dalla ripetizione meccanica di una macchina che registra accessi, presenze, ritardi, efficienza. Eppure è proprio in questa sottrazione di identità che si apre un varco: quello che mi interessa è ciò che resta. O meglio, ciò che riaffiora nel gesto di isolare queste immagini dal loro contesto funzionale e restituirle a uno sguardo che si interroga. Questi badge non sono stati manipolati, ma semplicemente riconosciuti come reperti di una condizione sociale e psicologica. Il mio intervento non è sulla forma, ma sull’attenzione: sposto il fuoco da ciò che l’immagine dice a ciò che l’immagine rimuove. Sono documenti, sì, ma di una memoria collettiva rimossa, di un inconscio sociale che si rivela proprio nell’atto automatico della registrazione fotografica, della macchina. In un’epoca in cui l’identità viene certificata, schedata e resa oggetto di archiviazione, questi volti diventano l’emblema di una tensione: tra il bisogno di essere riconosciuti e il rischio di essere annullati dentro un sistema che standardizza tutto. La domanda che attraversa il progetto è semplice e insieme vertiginosa: come si costituisce l’identità, chi siamo? Spesso sembra che il nostro posto nel mondo sia già stato scelto dall'esterno e che non risponda di nostre azioni consapevoli. Cresciamo nell'illusione di avere per le mani le redini della nostra vita, senza renderci conto che troppo di frequente le nostre scelte sono indotte. Dal punto di vista tecnico il progetto si inserisce nella storica relazione tra Pittura e Fotografia, e il loro conseguente contrasto e continuo confronto. L'opera in mostra perciò, di contenuto sociologico, interroga e ricerca la condizione della pittura nell'arte contemporanea.
In questo panorama, si inserisce anche una riflessione attuale e urgente: il rischio crescente che la tecnologia e le macchine sostituiscano il lavoro umano. Il ruolo della cassiera qui preso ad esame, è oggi tra i più esposti a questa trasformazione: le casse automatiche, i sistemi di pagamento digitali e l’intelligenza artificiale minacciano di rendere superfluo il nostro contributo. La possibilità che un giorno potremmo rimanere senza lavoro solleva non poche domande riguardo la natura stessa dell'essere umano. Chi saremmo se non avessimo più bisogno di lavorare per sopravvivere?
Il titolo associa la gestualità che la cassiera compie ripetutamente durante la sua giornata scansionando codici a barre della spesa dei clienti, e un espressione tipica dei cori da stadio ultras, che indica il momento in cui le parole non bastano più e si vuole invitare o intimorire la squadra avversaria passando allo scontro fisico, per difendere e affermare la propria appartenenza. L'espressione potrebbe essere parafrasata con “non abbiamo paura di voi, possiamo scontrarci fisicamente quando volete, fuori dall'arena”. Contesti calcistici di questo tipo sono caratterizzati da una rabbia resa manifesta, e controllata da corpi di polizia. In questi casi la violenza è considerata ormai una prassi. Un'espressione del genere associato a un contesto come quello vissuto dalle cassiere, che non possono difendersi dalle offese dei clienti salvo gravi eccezioni, per politiche d'azienda, suona come provocatorio, ed evidenzia il contrasto tra il loro mondo fatto di sottomissione e servizio alla clientela, con poche tutele da parte dei superiori, e quello dello stadio dove ci si anima per difendere la propria squadra del cuore.