Corpomemoria – habitus

L’opera tessile ‘Corpomemoria - habitus” è nata durante la realizzazione dell’opera video Corpomemoria, un’ indagine di cartografie mnemoniche, materiche e tattili, un dialogo tra pelle, texture e superfici – super-facce – avvenuta attraverso una performance in cui il corpo è matrice e calco rivelatore di memorie dello spazio abitativo perduto, una villa tardo ottocentesca appartenuta alla mia famiglia e venduta nel 2020. Il “salvataggio” degli oggetti dalla villa, che era anche casa dei miei nonni, ha segnato il primo atto: la necessità di tracciare una cartografia mnemonica e di attivare un processo di decostruzione sui miei modi di abitare questo specifico spazio - tempo, e di possedere i suoi oggetti. La domanda che mi ha portato inizialmente a riflettere sul mio attaccamento è stata: Per quanto tempo è “giusto” custodire questi corpi? Quando è “giusto” lasciarli andare? Posso veramente distaccarmene? In particolare ho voluto indagare il modo in cui gli oggetti e i pizzi, i tessuti, erano usualmente concepiti per l’uso (e non - uso) e contestualizzati: la loro storia, la loro carica emotiva, la loro presenza materiale e il loro paesaggio, per comprendere che postura assumere in questa scena. Da qui nasce l’esigenza di ricreare una presenza. Partendo da una giacca. Si delinea una costruzione informe, come lo sono i sogni: frammentati, inconsistenti, fragili. Il profumo che questa materia sprigiona, da quei vecchi pizzi incastrati insieme, racconta quanto la superficie di un costume possa divenire cartografia, spaziale ed intima, di ricordi, una faccia entro cui riconoscerci. Prendo due pizzi, e provo ad assemblarli, a ricreare una presenza, un corpo. Provo a cucirli insieme. Si vede la giacca da sola, appesa con dei fili invisibili, vuota. Sento l’odore che si sprigiona da quei pizzi: sanno di Casa. Provo ad abbracciarla, ma è vuota.