Cosa raccolgono le mie retine
Valentina Achilli
@Valentina AchilliPittura
- Edizione: 2025
- Anno opera: 2025
- Altezza cm: 130
- Larghezza cm: 200
- Profondità cm: 3
Descrizione
L’opera consiste in un’installazione a parete composta da otto diversi elementi che, a seconda dello spazio espositivo in cui sono collocati, si possono accostare in modi differenti.
Alcuni di questi elementi sono realizzati in tessuto, sul quale sono andata ad intervenire con una particolare macchina da ricamo industriale; alcuni vengono intelaiati mentre altri sono lasciati liberi e fissati al muro con piccoli chiodi: questo permette di creare più piani compositivi e di far dialogare gli elementi tra loro in modo dinamico. Gli altri elementi sono realizzati in legno sagomato a laser e costituiscono in alcuni casi la base, che va ad incorniciare le opere in tessuto, in altri un elemento compositivo autonomo. Anche in questo caso, i vari piani vengono sfalsati, mantenendo alcuni elementi aderenti al muro, altri distanziati ed altri ancora sovrapposti o posti sotto ad altri. Quello che si viene a creare è una sorta di costellazione, di ecosistema dinamico ma equilibrato che evidenzia non solo i singoli lavori, ma anche la relazione tra di essi.
Tutti i segni e le linee presenti provengono da un archivio digitale a cui lavoro da vari anni e nel quale raccolgo tutte le fotografie di scritture spontanee (specialmente graffiti) che trovo sui muri delle città e che per qualche motivo colpiscono la mia attenzione. In un secondo momento, rielaboro queste immagini accumulando, accostando e sovrapponendo le parole scritte, senza mai alterare la forma e la grafia originaria. Il risultato sono questi intrecci di segni dove il significato iniziale si perde per trasformarsi in pura linea asemantica. Tuttavia, tutte le grafie e dunque i lavori sono caratterizzate da linee ed andamenti precisi e sembrano riflettere la personalità dell’autore, nonché la carica comunicativa ed il desiderio di espressione da cui la scrittura si origina.
Per Vanni Santoni le scritture urbane sono il simbolo e la rivendicazione dei bisogni individuali in un ambiente visivo in cui a farla da padrone sono messaggi pubblicitari legati a logiche di consumo. Sono inoltre tra le forme di espressione più rapide che esistano: realizzate dai writers nel minor tempo possibile per evitare di essere scoperti, spesso vengono coperte o cancellate altrettanto velocemente. Il gesto lento del ricamo e dell’intaglio del legno diventano allora un modo per contrapporsi a questa dinamica, andare a fissare questi segni e, ponendoli al centro dell’attenzione, andare a stimolare la riflessione. Il titolo dell’opera si riferisce proprio a questo processo nel quale io divento al tempo stesso testimone e “filtro” di queste informazioni visive, raccogliendole, trasformandole ed offrendole allo spettatore sotto una forma diversa.
Confondere queste parole fino a renderle illeggibili diventa infine un tentativo di analizzare non solo le emozioni individuali ma anche il fenomeno della comunicazione in quanto tale. Possiamo osservare infatti che il linguaggio (parlato e scritto) non è altro che un atto di traduzione verbale di un’esperienza o di un emozione non verbale; per questo finisce spesso per essere inadatto ad esprimerla.
«Nessuno, mai, riesce a dare l’esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre, della necessità che lo incalza, e la parola umana è spesso come un pentolino di latta su cui andiamo battendo melodie da far ballare gli orsi mentre vorremmo intenerire le stelle». (Gustave Flaubert, “Madame Bovary”)
Tecnica
Installazione composta da 8 elementi in filo di nylon e cotone su tela, legno di okumè, legno di pioppo