DISPLAY_#F20FC7-01

Francesco Stabile
@Francesco StabilePittura
- Edizione: 2025
- Anno opera: 2024 -2025
- Altezza cm: 100
- Larghezza cm: 142
- Profondità cm: 3
Descrizione
Questo lavoro si colloca in uno scenario di profonda riflessione complessa e stratificata. La neonata serie Display – titolo che rimanda da un lato allo schermo, ma dall’altro al ben più anziano atto dell’esporre – è la sua risposta al dibattito che oscilla tra la dimensione analogica e quella digitale.
L’opera qui presa in esame nasce dalla volontà di ragionare sul dittico, mezzo che, nella tradizione, vede la connessione tra due figure differenti,
ben separate. Nel suo caso, invece, il dittico è terreno d’indagine sulla fuoriuscita dai margini tradizionali della pittura, rappresentare la stessa
dimensione su due corpi diversi, codipendenti ma strettamente interconnessi. Uno strabordare da una superficie all’altra, in una
sovrapposizione di elementi e di compenetrazioni che arrivano a costruire una composizione unitaria.
Per la realizzazione tutto parte da un collage digitale: una fotografia sfocata scattata dal finestrino di un treno in corsa, un paesaggio naturale
“interrotto” dalla presenza di una strada, elemento simbolicamente antropico che l’artista decide poi di rimuovere dalla composizione finale.
Accanto al dato prettamente fenomenologico, si inserisce un terzo livello, una fase di ricerca digitale, analitica, scientifica: un campione di mappa geologica che rileva l’alterazione delle acque oceaniche.
La sfida sta nella restituzione di quei dati, assorbiti, elaborati e rielaborati, da Photoshop fino alla tela grezza. Dopo un primo studio digitale le immagini vengono trasposte sul dipinto attraverso un percorso quasi a ritroso, iniziato con il passaggio dal dato reale al digitale delle fotografie, per poi tornare – seguendo la strada panoramica – al più analogico dei linguaggi.
Questa commistione di elementi sono chiavi di lettura che si trasformano in interferenze pittoriche, disturbi che, anziché spiegare, destabilizzano lo sguardo. In questo cortocircuito, ogni elemento entra in relazione con gli altri: anche ciò che disturba, diventa catalizzatore di senso. Uno sfasamento visivo che non è accessorio, ma trigger conglobante di una riflessione più ampia, portata avanti per attriti e contrappassi.
Questo cortocircuito gli elementi diventano veri e propri soggetti più che come mezzo del fare, in un più ampio discorso creativo, dove la multimedialità rimane utilissimo settore semantico, mai tautologico, tratto da un invidiabile vocabolario di linguaggi, asserviti – e mai sovrastanti e fini a se stessi – alla ricerca di nuovi display, ma sempre fedele all'eterno, disciplinato, carico racconto della pittura.
L’intento non è mascherare l’esigenza di rimanere fedele a una tecnica tradizionale e renderla contemporanea con gli effetti speciali, piuttosto,
Stabile scava oltre il dato strettamente fenomenologico del reale. Nel dipinto, ogni area ha densità e intensità diverse: più materica, più diafana, graffiata o levigata. L’immagine finale è sempre costruita su passaggi, ritorni, esiti inediti di un ragionamento in divenire. I presupposti della società odierna passano più dalla simulazione che dal mondo reale, siamo più radicati nella dimensione dell’online. Quella di Stabile è una scommessa al contrario: impiegare un medium antico sfruttando le potenzialità dell’oggi.
L’elemento digitale non è né demonizzato né idolatrato, ma riletto attraverso il filtro dell’esperienza umana, sensibile, artigianale. Il gesto
pittorico non rigetta la tecnologia, ma la ingloba, la metabolizza e la riporta alla dimensione del gesto e della materia. In
un’epoca in cui la produzione visiva è sempre più automatizzata, seriale, immateriale, con quest'opera viene compiuto un atto controcorrente: recupera l’immagine digitale per reinserirla in un processo analogico, rallentato, profondamente incarnato. Non si tratta di nostalgia del passato né di utopia del futuro, ma del racconto di un presente possibile in cui i linguaggi della tecnica si mettono al servizio di un’indagine sul vedere, sull’abitare il paesaggio, sul senso stesso della rappresentazione.
Tecnica
Olio su Tela