La Casa Del Delfino

Descrizione
Ricorre a tutto il potenziale espressivo della sua personale tecnica pittorica Bislacchi per raccontare la sua nobile idea di città: con la tela dipinta con una raffinata e sfumata monocromia, poi “accartocciata” in forme di varie dimensioni, l’artista manipola il colore e, intervenendo così ancora dopo l’atto pittorico creativo, permette alle sue cromie di accedere a densità e consistenze quasi scultoree. In questo modo può predisporre una composizione installativa di elementi concretamente “pittorici” che, in varie dimensioni, collocati e ricomposti a terra, riconfigurano l’immagine di un mosaico, citazione diretta della stessa presente in una delle abitazioni dell’antica città di Kaulon (Caulonia), piccolo borgo della Calabria che vanta una storia millenaria.
Osservando il tempo trascorso del vivere di una città ormai estinta, sepolta dalla sua stessa evoluzione e dagli sviluppi che il tempo, la storia e le vicende umane hanno inciso sulla morfologia e sulla struttura urbana di questo borgo, Bislacchi osserva attentamente il repertorio iconografico presente nelle dimore riemerse da epoche trascorse. In un luogo che gli è particolarmente caro e che può incarnare il senso delle radici per chi, come lui, vive lontano, adotta, tra le tante, l’immagine di un delfino e, presentandolo in una nuova chiave pittorica, lo rende ancora possibile icona di senso. Prelevato quasi da un’archeologia del futuro, l’artista sembra volerci far riflettere sul senso e sull’identità della (nostra) comunità cittadina che, oggi alienata nella dimensione metropolitana, forse ha annacquato, se non perso, il sistema di valori in cui ciascuno di noi, come il πολῑ́της (polítēs), di cittadino nella pienezza di significato, civile e sociale, che tale appellativo aveva sin dalla Grecia antica, potrebbe o dovrebbe riflettersi.
Le immagini che decoravano le abitazioni del passato non avevano solo una mera e superficiale funzione decorativa, di più incarnavano il senso di credenze e aspirazioni, speranze e valori che si traducevano immediatamente in complesse simbologie iconografiche a tutti deducibili. Fin dalle soglie, luoghi di tradizione tra dentro e fuori, tra pubblico e privato e, per eccesso, tra immanente e trascendente, vivificavano, nella dimensione quotidiana, il costante interrogarsi consapevole di quegli antichi abitatori urbani. Allora a metà strada tra mitologia e provvidenza, la Casa del Delfino di Bislacchi emancipa la propria immagine da questo contesto specifico ed estende, spazio-temporalmente, il proprio repertorio apotropaico per suggerire a chi osserva – secondo le intenzioni dell’artista – un’icona salvifica, un possibile filtro temporale che, secondo una sensibilità (non) specifica, si riconsegna all’emotività e all’intelligenza umana in modo universale.
Questo delfino è, in definitiva, un potente emblema che, sottratto dalla sua dimensione circoscritta, estende nel presente il suo potere iconicamente taumaturgico; è occasione per riaffermare quei simboli e quelle identità così radicate nella πόλις (pólis), la città greca, che forse mancano alla città di oggi. Un delfino che, sfidando le egemonie dei tempi umani, ci aiuta a ritrovare i principi di una nuova idea di città ancora possibile.
Testo di Matteo Galbiati estratto dal catalogo della mostra del Premio Arti Visive San Fedele - La città: tra realtà e sogno, Galleria San Fedele, Milano.
Tecnica