L’abisso del viandante

Descrizione
Se l’essere umano è natura, può essere allo stesso tempo paesaggio? Forse possiamo costruirci, immaginarci o sognarci dentro al paesaggio, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno di vedere ciò che ci circonda, allontanandoci. Gettare uno sguardo da distante, cercare un punto più in alto per vedere meglio, osservare rimanendo nascosti da qualche parte, prima di farci riassorbire dal flusso naturale. Una carta geografica può essere il riflesso di uno stato d’animo, e la rappresentazione di un paesaggio può fornirci molte più informazioni tecniche di una cartografia dettagliata. Questo dipinto è una stratigrafia geologica in cui gli elementi emergono naturalmente, grazie a molteplici punti di vista. Nella mia ricerca indago il paesaggio dal punto di vista della percezione: sia a livello fisico e fisiologico, sia a livello culturale, ossia come la cultura occidentale, in particolare, ha determinato e costruito un’idea precisa di paesaggio. Un passo fondamentale avviene nell’approfondimento e studio, dell’antico legame tra cartografia e pittura, nei loro intrecci, non dimenticando le funzioni culturali, sociali e politiche delle mappe. Ne conseguono ulteriori riflessioni riguardo l’idea di mappa, la sua funzione o perdita di funzione della stessa, l’idea di mappa-reliquia, che applico nella raffigurazione di una cartografia sentimentale in continuo mutamento. Da qui avverto una necessità di transito sempre più forte e naturale. Da rappresentazioni cartografiche e psicogeografie, tradurre in percorso attivo nello spazio il rapporto e lo scambio diretto con il paesaggio: camminare. Il camminare come mezzo essenziale per una maggiore conoscenza dell’ambiente, supportato dalla sperimentazione di una pratica di pittura nomade legata alla prassi documentaria, si slega dalla performatività dell’atto stesso, diventando tangibile ricerca attraverso i propri passi. Il corpo come unità di misura dello spazio/tempo.
Tecnica